Una mia ex cliente mi inoltra un messaggio contenente un invito ad una mostra fotografica e relativa conferenza di presentazione nella Biblioteca di Montebelluna il 7 novembre 2021. Il titolo dell’evento è: PHAINO, DAL BUIO ALLA LUCE e verrà illustrato il tema della violenza contro le donne.

Mi colpisce il fatto che a ideare questo progetto è una donna che ha subito personalmente varie forme di violenza nel corso della sua vicenda coniugale, altresì noto la presenza di un relatore che rappresenta una associazione denominata “Cambiamento maschile”. Questo insieme di fattori mi convince e decido di partecipare all’iniziativa; la scelta è risultata molto soddisfacente. Cercherò di spiegarne i motivi proponendo una sintesi cronologica degli interventi dei relatori, accompagnati dai miei commenti.

– L’introduzione è affidata al marito dell’ideatrice del progetto MICHELE GAZZOLA (che già conosco in quanto Responsabile del Centro Polifunzionale CEIS di Treviso), che illustra il significato della parola phaino, dal greco “rendere manifesto”, da cui il titolo dell’evento che associa diversi valori che la mostra fotografica vuole comunicare (rendere visibile, rendere pubblico, apparire, venire alla luce dopo una lunga notte, riaffacciarsi a nuova vita) e presenta brevemente i relatori dell’incontro.

– Il Sindaco di Montebelluna dott. ADALBERTO BORDIN, che apre ufficialmente la conferenza, ha commentato il tema proposto in modo sintetico e competente, dimostrando sensibilità rispetto alla delicatezza dell’argomento e indicando alcune iniziative che vengono messe in atto dall’Amministrazione per prevenire il fenomeno in sé e la sua gravità (che vedremo di seguito).

– La fotografa della Mostra GIULIA ZANDARIN, attraverso la sua opera e l’interpretazione che ne dà, sottolinea come ogni immagine-cosa viene filtrata dalle esperienze vissute e quindi appare, si svela nelle sue foto il dolore della protagonista per le violenze a lungo sofferte, ma anche la liberazione dal buio e dalla pena e la gioia per la rinascita a una nuova vita affettiva. E’ interessante notare come, per lei ma anche per me, “togliere il colore”, usare il biancoenero, significhi portare gli eventi ritratti alla loro essenza e intrinseca drammaticità.

– Il Comandante della stazione dei Carabinieri di Montebelluna, con l’ausilio di un collega, ha illustrato come, nella generalità dei casi affrontati, si verifichi una escalation nella violenza perpetrata dai compagni delle vittime, che dall’aggressività verbale passano al ricatto economico, per giungere poi alla brutalità fisica vera e propria. Nel corso degli interventi posso appurare che l’atteggiamento dell’Arma è non solo condivisibile, ma anche articolato, in quanto prevede in primo luogo l’intenzione di sensibilizzare la vittima a ritenere terminato un rapporto affettivo quando subentrano i primi segnali di violenza domestica  (e questa è una posizione morale veramente moderna e aperta), in secondo luogo c’è un esplicito invito nei confronti della donna maltrattata a sporgere denuncia, offrendole una gamma di appoggi (legali e concreti) molto ampia. Altresì le Forze dell’ordine propongono nel contempo una rete di protezione importante, molto più strutturata ed efficiente che in passato per situazioni analoghe. Inoltre, per quanto concerne l’imputato di violenza, tendono a promuoverne attivamente forme di ravvedimento.

– La parola è passata poi al dott. ANTONIO ROMEO Co-fondatore e membro dello staff tecnico di “Cambiamento Maschile” (spazio d’ascolto per uomini che agiscono violenze nelle relazioni affettive). Il relatore ha sostenuto la tesi che la violenza sulle donne fa parte di un  processo culturale atavico che riguarda potenzialmente tutti gli uomini, una forma di aggressività rivolta alla donna in quanto donna. Pur non trovandomi completamente d’accordo rispetto a quest’ultima affermazione, ritengo che – una volta appurate le forme persecutorie messe in atto dall’autore delle stesse  – non ci siano scusanti e giustificazioni e che si debba procedere con fermezza per evitare il reiterarsi dei comportamenti lesivi. D’altro canto il relatore ha ribadito l’importanza di portare il maschio violento ad empatizzare con la sofferenza della compagna e ha accennato ad un percorso di responsabilizzazione, di lavoro sulle emozioni, di cambiamento psico-culturale profondo, che porta un 60% circa dei partecipanti allo spazio d’ascolto a modificare radicalmente e in modo duraturo il loro atteggiamento e il loro agire.

– La dott.ssa MIRELA ISMAILI, Coordinatrice delle Case Rifugio “Alma” e “Aurora” e operatrice del Centro Antiviolenza “Stella Antares” di Montebelluna, ha sottolineato la grande importanza dell’identificazione delle forme di violenza, della loro frequenza e del loro “peso”, in quanto le donne colpite da questi comportamenti tendono a svalutarne la gravità, a pensare che prima o poi il loro compagno cambierà o a rifugiarsi in certi “vantaggi” economici o psicologici. Viceversa è importante smontare queste difese e paure, promuovendo una relazione d’aiuto che, oltre a sostenere psicologicamente la donna, le fornisca una serie di informazioni sulle alternative valide e praticabili (che vanno dall’accoglienza nel Centro Antiviolenza, alle Case Rifugio, passando attraverso alcune azioni legali che possano bloccare il ripetersi della violenza stessa e tutelare l’incolumità del soggetto leso).

– La dott.ssa JOANA TROPLINI, psicologa e psicoterapeuta del Centro Veneto progetti Donna AUSER di Padova, invitata alla conferenza, ha posto l’accento del suo intervento sul fatto che la donna oggetto di abusi cerca profondamente qualcuno che la riconosca nei suoi bisogni, che sappia proporle la costruzione di relazioni valide e rigeneranti, al posto del rapporto malato divenuto una catena che la imprigiona. E, afferma, non si tratta soltanto di affrontare insieme le sue paure, ma anche di modificare i legami parassitari, che  sembrano sostenerla ma in realtà non l’aiutano affatto; si tratta soprattutto di infrangere i muri del silenzio, sia quello personale (il più arduo e difficile da modificare), ma anche quello delle omertà che la circondano.

Ritengo – sostanzialmente in accordo con queste affermazioni – che la donna maltrattata, oltre a imboccare la strada legale della denuncia e dell’autoprotezione, può finalmente scegliere di incamminarsi nei sentieri che portano a forme di autorealizzazione, dove le nuove relazioni si muovono nei più disparati ambiti e gli affetti sono percepiti come autentici e sani, lontani dai vicoli ciechi della passività e del masochismo.

Mi preme a questo punto sottolineare alcune situazioni che finalmente funzionano:

* l’intervento delle Forze dell’ordine adeguato, propositivo, protettivo ed anche aperto al “recupero” di chi sbaglia;

* l’esistenza di una organizzazione come “Cambiamento Maschile” che ottiene risultati concreti molto rilevanti nella trasformazione positiva dei comportamenti maschili violenti;

* la presenza nel territorio di “Case Rifugio” che accolgono stabilmente le donne sottoposte a gravi maltrattamenti (a rischio, peraltro, di femminicidio);

* l’operato attivo di “Centri Antiviolenza” che ascoltano le donne così pesantemente importunate, le consigliano su come muoversi (praticamente e legalmente) e le tutelano rispetto alle scelte alternative a quella, imposta, di subire.

Sono consapevole che si tratta di una realtà locale di Montebelluna e dintorni, ma questo fatto non mi esime da darle massimo rilievo, anzi mi spinge ad auspicare un tam-tam di risposte e interventi nel Sito e altri di qualunque tipo, che diano corpo a una reazione sociale di viva approvazione ed estensione della coscienza civica.

– Torniamo però alla conferenza, o a dir meglio al suo momento culminante, quando a prendere la parola è ELISABETTA FERRARO GAZZOLA, la donna che, con coraggio, ha promosso questa iniziativa, che ha deciso di rendere pubblica la sua storia e farla diventare patrimonio di altre persone, al fine di stimolare la crescita della consapevolezza di chi ha orecchie per sentire e cuore per capire. Il suo racconto è vibrante, denso e descrive come gli atti di prevaricazione e abuso sono cresciuti nel tempo in modo graduale, inquinando e intossicando la sua vita un po’ alla volta, impedendole di rendersi conto della loro entità e gravità, minandola all’interno, rendendola fragile e insicura. Poi c’è stata una graduale richiesta d’aiuto e finalmente, dopo l’ultima denuncia, non si è più sentita sola, ha percepito la presenza e il sostegno dei servizi e delle istituzioni e non è più tornata indietro, resistendo alle minacce, ai pedinamenti, alle ritorsioni e alle pseudo-promesse messe in atto dal  suo compagno. E’ andata avanti risoluta nella sua strada, frequentando una meravigliosa coppia di amici, costruendo nuove relazioni e respirando in queste amore ed accoglienza, finché – contro tutte le decisioni prese interiormente, contro tutte le sue previsioni – questo respiro vivificante si è allargato ancora di più, includendo il rapporto con un uomo con il quale ha deciso di unirsi in matrimonio.

Non si tratta del lieto fine “dovuto, si tratta della naturale conseguenza di un  lungo, faticoso e travagliato percorso di rinascita, che lei ha costruito passo dopo passo e dell’incontro con un uomo che si pone costantemente e fermamente in discussione nella sua vita relazionale, che si mette in gioco con l’anima nelle questioni importanti; si tratta della limpida unione tra due persone che sanno, entrambe, amare se stesse ed amare l’altro da sé.

La vita propone sempre delle alternative semplici e meravigliose alle tormentate vicende della realtà fenomenica, alle “storie” complicate e terribili in cui spesso ci troviamo, nostro malgrado, avviluppati.

                            Federico Piaser

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